Centro Menopausa

NUOVI TREND TERAPEUTICI IN ETA’ POST-MENOPAUSALE

Davide  De Vita, *Ermenegilda Coppola

 

U.O. Ginecologia-Ostetricia, P.O. S. Francesco D’Assisi, Oliveto Citra, Salerno, ASL SA.

*U.O. Salute Mentale Distretto n. 4 Cava dei Tirreni, ASL SA

 

 

INTRODUZIONE

L’aspettativa di vita media nella donna supera ormai gli 80 anni e quindi la menopausa, evento fisiologico con implicazioni non solo bio-psicologiche ma anche socio-culturali, acquista un ruolo sempre più importante. La menopausa è caratterizzata, oltre che da una sintomatologia che incide sulla qualità di vita della donna, anche da una maggiore morbilità e mortalità cardiovascolare rispetto a quanto osservato nella donna ancora fertile. La carenza ormonale è stata dunque chiamata in causa quale fattore in grado di accelerare l’esordio clinico dell’aterosclerosi (1).

La terapia ormonale sostitutiva  (HRT) in menopausa con estrogeni e progestinici è il presidio terapeutico ideale per alleviare i sintomi della menopausa (2, 3), migliorando la qualità di vita, riducendo il rischio di patologie cardiocircolatorie (1), di osteoporosi (4, 5) e di Alzheimer (6).

L’obiettivo attuale della ricerca nel dedicata alla menopausa è orientata sul valutare i benefici-rischi della correzione del deficit estrogenico e di migliorare l’efficacia-grado di tollerabilità, vie di somministrazione dei trattamenti, ridurre gli effetti indesiderati (7).

 

 

VALUTAZIONE DEI RISCHI-BENEFICI DELL’HRT

Gli ultimi 7 anni sono stati caratterizzati da una notevole confusione riguardo all’utilizzo della terapia ormonale in donne in post-menopausa: nei primi anni 2000 i risltati del Women’s Health Initiative (WHI) (8,9) evidenziavano che, dopo 5 anni di HRT, in donne anziane, relativamente asintomatiche, che cominciavano il trattamento in media 13 anni dopo la menopausa, vi era un incremento del rischio di carcinoma mammario, di tromboembolismo e di stroke. La reazione immediata dei media ha condotto molte delle donne ad interrompere il trattamento spesso senza parere medico e ad indirizzare le principali associazioni internazionali all’indicazione dell’HRT al dosaggio minimo, per il minor tempo possibile in donne con sintomi severi (10).

Successivamente, al 2002-2004 sono stati pubblicati diverse re-analisi e alcuni studi ancillari sulla popolazione del WHI, oltre che numerosi studi osservazionali, spesso non accompagnati dalla medesima enfasi, ma che hanno consentito di rivalutare il rapporto rischio-beneficio dell’HRT in specifici subsets di pazienti che comunemente affluiscono ai nostri ambulatori e di puntualizzare il ruolo cardine della personalizzazione terapeutica (11)

 

CARCINOMA MAMMARIO

La prolungata esposizione ormonale rappresenta un noto fattore di rischio per neoplasia mammaria. Basti pensare al fatto che la prosecuzione dell’attività ovarica spontanea oltre i 50 anni, di per sé, aumenta lievemente il rischio rispetto alla popolazione generale e così gli studi osservazionali più vecchi (12) evidenziavano un rischio relativo (RR) di 1.3 che si concretizzava dopo 5 anni di terapia. In quest’ottica i dati del WHI braccio estro-progestinico (8) sono sovrapponibili ai precedenti: RR 1.26 (che corrisponde ad un incremento del rischio assoluto di 8 casi/10.000 donne/anno), prevalentemente a carico di pazienti già in terapia ormonale prima dello studio, mentre successive re-analisi (13) hanno evidenziato che non vi era incremento del rischio nei pazienti che intraprendevano la terapia per la prima volta e nessun caso di insorgenza di carcinoma in situ, escludendo il ruolo di induttore neoplastico.

L’apparente paradosso dell’effetto protettivo dela terapia solo estrogenica nei confronti della neoplasia mammaria emerso in pazienti isterectomizzate dai dati WHI del 2004 (9), di per sé in parte spiegato da motivazioni sia biologiche ce epidemiologiche, ha incrementato l’utilizzo del progestinico sistemico. Lo studio osservazionale francese E3N EPIC di Fournier del 2005 (14) e la sua successiva estensione fino al 2008 (15)ha confermato il ruolo del progestinico di sntesi in questo senso, mentre ha attribuito un significato neutrale al progesterone naturale. Non sono emerse invece differenze significative per i diversi tipi di progestinico di sintesi utilizzato, anche se altre evidenze sia in vivo sia in vitro sottolinerebbero l’importanza dell’attività androginica del progestinico nella carcinogenesi mammaria (16, 17).

In conclusione quindi dagli studi più recenti, viene confermata l’importanza dell’associazione estro-progestinica, il ruolo chiave della durata della terapia, mentre non sembrano esserci delucidazioniin termini di regime e via di somministrazione scelti. Nessuno studio recente conferma l’effetto protettivo dei bassi dosaggi terapeutici anche se vi sono buone evidenze in termini i riduzione di densità mammaria (14, 15)

 

MALATTIE CARDIOVASCOLARI E TROMBOEMBOLISMO

Gli studi di prevenzione primaria e secondaria (8,9), a fronte di una riduzione degli eventi cardiovascolari del 40% evidenziata nei precedenti studi osservazionali, sembravano controindicare l’utilizzo della terapia ormonale in postmenopausa per un incremento del rischio cardiovascolare e di stroke ischemico, soprattutto nel primo anno di terapia. Non è necessario ricordare la scarsa rappresentatività della popolazione del WHI rispetto alle pazienti che comunemente affluiscono ai nostri ambulatori: età avanzata, lunga latenza della menopausa, elevata incidenza di obesità, ipertensione e dilipidemia.

Di concerto sono attualmente emersi nuovi e significativi dati volti a testimoniare un effetto età dipendente della terapia ormonale a livello del sistema cardivascolare: l’azione precoce comporterebbe la normalizzazione del processo di rimodellamento di placca, mentre l’azione su vasi già patologici, in seguito, cioè, a lunga deprivazione estrogenica, ne favorirebbeal contrario la destabilizzazione e rottura, con meccanismo mediato da citokine, PCR, metallo proteinasi coinvolte nel mantenimento della funzione endoteliale. Clinicamente, infatti, la stratificazione del rischio cardiovascolare in base ad età ed ad anni dalla menopausa, aprendo la cosiddetta “window of opportunità” durante i primi anni postmenopausali in cui l’HRT consentirebbe una prevenzione cardiovascolare.

In realtà, vi sarebbero anche alcune evidenze (WHISP Pilot Study) per cui basse dosi di HRT dopo un evento acuto in donne più anziane, non aumenterebbero l’attivazione della cascata coagulativa e non incrementerebbero le recidive rispetto al placebo, enfatizzando il ruolo dei bassi dosaggi.

Dati correnti suggeriscono che la terapia solo con estrogeni o con progesterone naturale potrebbe offrire maggiore cardioprotezione rispetto ai regimi combinati con progestinici di sintesi.

Inoltre, grande attenzione deve essere posta, nella personalizzazione terapeutica in base ai fattori di rischio, alla via di somministrazione soprattutto circa l’effetto sul profilo lipidico, avendo un effetto più marcato la via orale nel miglioramento del profilo colesterolemico e nell’incremento viceversa della trigliceridemia. Lo stesso concetto deve essere applicato nella considerazione del rischio trombo embolico: come viene dimostrato nell’ESTHER Study  il rischio risulta 4 volte maggiore nell’utilizzo della via orale rispetto a quella trasdermica, neutrale sulla bilancia emostatica. In questo studio, inoltre, viene anche avanzata l’ipotesi di un ruolo peggiorativo del progestinico Nor-derivato rispetto al progesterone naturale. Il tromboembolismo risulta forse il principale rischio della terapia a breve-medio termine, ma anche in questo caso è necessario considerare il grande peso rivestito da età e obesità che possono avere effetto peggiorativo (18, 19.

 

RISCHIO OSTEOPOROTICO

La riduzione di incidenza di fratture di femore e vertebre di un terzo evidenziata negli studi osservazionali, è stata confermata dal WHI braccio estro-progestinico (RR 0.68) ed estrogenico (RR 0.68 0.61) (8, 9).

Attualmente, inoltre, sono emersi dati sull’efficacia dei dosaggi bassi ed ultrabassi, nella prevenzione della perdita minerale ossea  (nonostante il target ideale nella valutazione dell’efficacia terapeutica rimanga la riduzione del rischio di frattura).

L’HRT, quindi, rimane una valida opzione per le donne con osteoporosi, affette da sindrome menopausale, ma attualmente l’indicazione viene posta esclusivamente nel caso in cui le terapie alternative siano inappropriate (10).

Tale indicazione andrebbe sicuramente rivisitata alla luce della nuova rivalutazione del rischio/beneficio della terapia ormonale.

ASPETTI PSICHICI: LA MENOPAUSA ED IL DOLORE DELLA PERDITA

Con la menopausa la donna va incontro ad un rivolgimento psicobiologico che equivale a quello della pubertà, ma di verso opposto. Fra i 9 e i 15 anni il bambino-ragazzo completa la maturazione psicobiologica e si trova a confronto con le problematiche edipiche che aveva messo in relativa pausa nell’età della latenza: la spinta pulsionale e la maturazione dell’apparato riproduttore alimentano il conflitto fra desideri incestuosi potenzialmente realizzabili e angoscia di castrazione.
Lo stesso rivolgimento si verifica nella menopausa: i vissuti edipici sono riproposti attraverso il mutamento ormonale, con la scomparsa (non sempre improvvisa e definitiva) delle ovulazioni; il problema è, comunque, il vissuto di castrazione e la sofferenza  legata alla necessità di liquidarne l’angoscia sulla base del terreno individuale e con gli strumenti affinati nel corso della vita. La menopausa, dunque, richiede l’elaborazione del lutto della rappresentazione ideale del Sè (Sandler, 1980). Il femminile, tra l’altro, è esposto, nel corso dello sviluppo, ad esperienze multiple di perdita, marcate nel corpo che rinnovano il trauma della perdita originaria ( menarca, parto, menopausa ) e se si considera l’affetto depressivo come conseguente ad una perdita si potrebbe ben affermare che l’esperienza depressiva fa parte della condizione base della maturazione umana. tra le molte risposte possibili al dolore la più importante è l’individuazione, (Nunziante Cesàro 1996), processo che implica la rielaborazione della perdita come accade nel lutto e comporta che venga abbandonato, ai fini dell’adattamento, il perseguimento di stati ideali e che questi vengano sostituiti da nuovi ideali in sintonia sia con l’Io che con la realtà. Tale processo può non riuscire per molti motivi e tale fallimento può produrre una reazione depressuva che si configura come una capitolazione di fronte al dolore, capitolazione che comporta un’inibizione generalizzata delle pulsioni e delle funzioni dell’ Io. La depressione sarebbe, in ultima analisi, la risposta alla perdita di uno stato di benessere, perdita di qualcosa di essenziale all’integrità narcisistica che evoca un sentimento di impotenza. Alla luce delle suddette cosiderazioni, si potrebbe affermare l’esigenza di offrire alle pazienti spazi di ascolto specialistici dove favorire la mentalizzazione di questi vissuti, e non circoscrivere il disagio alla sola corporeità fornendo cure solo sul piano organico (terapie ormonali, ecc), offrire un ” tempo” per comprendere la propria angoscia anzicchè cercare la fuga verso l’agire. Le difese maniacali, basate sul diniego e la scissione, servono a negare la realtà ed i suoi limiti, a fuggire dalle angosce depressive facendo da volano all’onnipotenza.

CONCLUSIONI

Gli ultimi dati sull’HRT non giustificano la paura e le perentorie proclamazioni del 2002. Sicuramente vi sono dei potenziali rischi ed effetti collaterali che possono essere drasticamente ridotti tramite un’accurata personalizzazione e in particolar modo:

  • con l’utilizzo dei bassi dosaggi, il cui razionale dipende dall’efficacia provata sui sintomi, dalla conservazione della prevenzione della perdita minerale ossea, a fronte di una minor incidenza di bleeding e mastalgia, mino rischio mammario e trombo embolico e minore richiesta di bilanciamento progestinico.
  • minimizzando l’esposizione a progestinici sistemici (utilizzo di progesterone naturale anche attraverso la via vaginale o di progestinici per via intrauterina o regimi alternativi, in fase di studio dal punto di vista della protezione endometriale)
  • utilizzando la via trans dermica in alcune donne, a maggior rischio trombo embolico, obese, con rialzo dei trigliceridi o con sindrome metabolica
  • iniziando l’HRT in donne giovani e in fase perimenopausale.

In tal modo, il rapporto benefici/rischi è sicuramente a favore dei primi e migliorerà significativamente la qualità della vita della donna trattata.

 

BIBLIOGRAFIA

 

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18) Gredy D, Herrington D, Bittner V, et al  for The  H E R S Research Group. Cardiovascular disease outcomes during 6.8 years on hormone therapy: Heart and  Estrogen/progestin rplacement study follow up  ( H E R S II): Jama 2002;288: 49-57Collins P, Flather M, Lees B, et al. Randomized trial of effects of continous combined  H R T on markers of lipids and coagulation in women with acute coronary syndromes : W H I S P  pilot study. Eur Heart  J. 2006;272046-53

19) Nunziante Cesàro A., Del Genere Sessuale, Guida, Napoli, 1996

20)  Sandler, J., La Ricerca in Psicoanalisi; Boringhieri, Torino, 1980.